LA SCOPERTA DEL MARKETING
(parte prima) (parte seconda)


C’era una volta, nel Medioevo, un fabbro di nome Bastiano che forgiava armature per cavalli.
I nobili del feudo andavano da lui per acquistare corazze ed elmi.


Bastiano non si curava molto di quanti uscivano dalla sua bottega scontenti per non aver travato l’armatura che fosse adatta alle loro misure.
Vivendo da solo, si accontentava di poco e quello che guadagnava gli era più che sufficiente: non aveva bisogno di lavorare di più.





Molti di loro purtroppo, dovevano rinunciare all’acquisto perché troppo alti o troppo piccoli, troppo grassi o troppo magri rispetto all’unica misura adottata dal fabbro per costruire le sue armature.

 





Con gli anni si sposò ed ebbe figli. Il lavoro non bastava più a sfamare la famiglia numerosa e Bastiano non sapeva come fare per risolvere il problema.





Restò sveglio notti e notti, accese ceri a tutti i santi, chiese, invano, aiuto ad amici e parenti.

 


Un giorno, ormai era al limite della disperazione e stava meditando di chiedere l’elemosina entrò nella bottega un cavaliere molto alto e dal nobile aspetto che, con fare gentile, gli chiese di fornirgli un’armatura fatta su misura per lui. Sulle prime Bastiano stava per dirgli che non forgiava armature diverse da quella che suo padre ed ancora prima suo nonno avevano ideato: così le sapeva fare e non diversamente.
Ma si fermò appena in tempo pensando che nelle condizioni economiche in cui si trovava non aveva la possibilità di fare lo schizzinoso: disse di sì.


Bastiano misurò dunque gli arti ed il corpo del cavaliere in tutte le maniere possibili e quando il cliente "su misura" uscì dalla bottega rise dalla gioia per il lavoro acquisito e pianse per il timone di non saper fare ciò per cui si era impegnato.
Gli ci vollero molti giorni di lavoro alla forgia prima di andare a chiamare il cavaliere e fargli la prima prova.
Questi indossò l’armatura con una certa fatica; Bastiano martellò un po’ qui ed un po’ li, segnò su e segnò giù, annotò qua ed annotò là e concluse dicendo: "Ci vorrà un’altra prova: ci vediamo la prossima settimana".
Quando il capolavoro fu finito il cavaliere fu soddisfatto, pagò bene e più del pattuito: Bastiano era raggiante.


In poco tempo la voce circolò per tutto il feudalesimo e ben presto non ci fu cavaliere che non pretese l’armatura su misura.
Bastiano lavorava venti ore al giorno; sua moglie ed i suoi figli lo aiutavano; la dispensa non fu più vuota.
Ma, come sempre accade, il troppo, anche per Bastiano, era proprio troppo: non riusciva a prendere fiato per il molto lavoro e soprattutto perché era costretto ad interromperlo continuamente per misurare, far prove, aggiustare. Sicché un giorno, stremato dalla fatica, prese un cartello e gli fece scrivere sopra, da uno scrivano, "Chiuso per ferie": lo attaccò all’uscio e partì con i suoi per una contrada vicina ove fu ospite di un cugino.
Il riposo delle ferie contribuì a fagli aguzzare l’ingegno e, prima che fossero finite le vacanze, prese il mulo e si precipitò dentro la cittadella vicina dove fu ospite di un cugino. Il riposo delle ferie contribuì a fargli aguzzare l’ingegno e, prima che fossero finite le vacanze, prese il mulo e si precipitò dentro la cittadella e lì incominciò a chiedere a quanti incontrava di consentirgli di prender loro misure.
Lavorò una settimana ed alla fine aveva raccolto le lunghezze, le altezze, le larghezze e le circonferenze di quasi tutti.


Tornò a casa, si chiuse dentro e, con l’aiuto dello scrivano che sapeva fare anche di conto, scoprì che non era vero che, in fatto di misure del corpo, ognuno fosse fatto a modo suo.
Scoprì invece che molti si rassomigliavano e che a ben calcolare, si e no erano dieci le misure che stavano bene a quasi tutti.
Non si curò molto dei casi limite: certi ciccioni enormi o alcuni spilungoni da barzelletta non furono neanche presi in considerazione.
Esclude nani e gobbi ed ogni malformato.
Scoprì che la misura n. 1 poteva andare bene al 12% dei concittadini, la n. 2 al 7%, la n. 3 all’11% e così via.
Con questa tabella in mano corse dalla moglie e le disse: "Donna, siamo a cavallo". La signora Bastiano non capì un fico di quanto il marito le spiegò, ma come ben si addiceva alle donne di allora, tacque e non fece obiezioni.
Il giorno dopo la famiglia tornò a casa: il cartello "Chiuso per ferie" fu sostituito da un altro "Chiuso per restaurazione" e la gente che passava incominciò a dubitare delle condizioni di salute mentale di Bastiano.


Passò un mese durante il quale tutta la famiglia costruì 60 armature che il giorno della riapertura del laboratorio erano in bella mostra appese in dieci differenti scaffali contraddistinti da dieci cartelli "misura 1, misura 2 ... sino alla 10".
Ci vollero alcuni giorni prima che si spargesse la notizia che Bastiano aveva riaperto: l’uscio si affollò di curiosi e vicini di casa.
Un pomeriggio si fece largo fra le persone del capannello un pezzo di cavaliere il cui terribile aspetto lasciava poco sperare sul suo grado di adattabilità. Infatti, appena entrato si rivolse a Bastiano "ringhiando": "Fammi un’armatura".
Bastiano per nulla intimorito dal ceffo, gli si avvicinò, gli prese le misure e poco dopo gli disse: "Lei è un 9". Lo lasciò lì in piedi, in mezzo alla stanza, raggiunse lo scaffale delle armature della sua misura, ne prese una e gliela consegnò dicendo: "Ecco, è fatta". Il cavaliere, con le vene del collo gonfie d’ira, scaraventò l’armatura in un angolo e disse: "Ho ordinato corazza ed elmo su misura e non resti di bottega". Bastiano, con calma parlò del suo prodotto e dopo un’ora convinse ad una prova l’incredulo imbestialito.
Sorprendentemente, dopo aver indossato l’armatura taglia 9, il cavaliere si calmò d’un tratto, sorride soddisfatto e disse: "Diavolo di un fabbro, la tua è magia o sedere".
Pagò profumatamente e, con l’armatura sotto braccio se ne andò.
E’ inutile dire che da quel giorno Bastiano prese a servire tutti i cavalieri del feudo, compresi quelli che sino ad allora non poterono essere suoi clienti a causa delle misure.


Un giorno, chiamò lo scrivano facitore di conti e chiese la sua opinione sull’andamento della bottega.
Questi, penna, carta, calamaio, fece calcoli su calcoli ed alla fine disse: "Le cose vanno bene, ma la pacchia e quasi finita".
Bastiano non capì, disse allo scrivano facitore di conti: "Va a quel paese, uccello del malaugurio" e lo cacciò fuori.


I giorni passarono ed ogni sera Bastiano misurava gli incassi della giornata.
Un venerdì 13, tirato il cassetto dove riponeva le monete e le dette un sacco di botte accusandola di avergli sottratto il denaro.
La donna, come ben si addiceva alle donne di allora, tacque e si ritirò nel retrobottega a piangere.
Il giorno dopo fu picchiata di nuovo e così pure i giorni successivi.
Poi venne il turno dei figli.
Ma uno di questi, poco incline a prenderle senza reagire disse: "Babbo, invece di dare le busse a noi, dalle a te stesso.
Non ti sei accorto che i quattrini mancano perché mancano i cavalieri?"
Bastiano ebbe un collasso: ripresosi, dopo qualche ora, chiamò d’urgenza lo scrivano facitore di conti.
Questi si fece pregare un po’ prima di mettere una pietra sul passato e sul modo con cui era stato tratto, ma alla fine andò alla bottega.
Penna, carta e calamaio fece conti su conti e disse: "Preparati al peggio.
Se non trovi il sistema di vendere più armature ti ritroverai all’elemosina".
Bastiano si riprese dallo sgomento dopo qualche giorno ed incominciò a far fondere le rotelle del cervello.
Si ritirò a casa del cucino, dove già si era rifugiato a meditare mesi prima, e lì, grazie al silenzio della campagna, gli si accese una lampadina che, sebbene l’energia elettrica non fosse ancora stata scoperta, illuminò ugualmente il buio dei suoi pensieri.

(Continua nella parte seconda)