COSI' MI NUTRE LO SPIRITO

SCRIVENDO FAVOLE, POESIE E ANIMANDO BURATTINI

C'era una volta...



LE AVVENTURE DI TAMRUA'

Personaggi

 Tamruŕ
La Chioccia Coccodč

La Iena Puzzura
L’Albero Azzurro
Lo Spirito Buono
Il Mercante di Bambini
Giovanni

 

   

Scena Prima

Villaggio di Gassa Charé.

Tamruŕ, poi la Chioccia Coccodč.

 

Tamruŕ   La mamma č andata al lavoro nei campi con i miei dieci fratelli piů grandi. Č l’ora di andare (Tamruŕ raccoglie un piccolo fagotto e si incammina).

 

La Chioccia Coccodč   (Entra) Co … Coo … Coooccodč! Dove stai andando, Tamruŕ?

 

Tamruŕ   Da nessuna parte. Vado a zonzo.

 

La Chioccia Coccodč   Che cos’hai in quel fagotto?

 

Tamruŕ   Ho solo un po’ d’ingera, per merenda.

 

La Chioccia Coccodč   Questa faccenda non mi piace. Non me la stai raccontando giusta!

 

Tamruŕ   Ssst … Non urlare cosě, Chioccia Coccodč!

 

La Chioccia Coccodč   Perché? Questa č la mia voce normale.

 

Tamruŕ   La mamma potrebbe udirti.

 

La Chioccia Coccodč   E allora? Anche se mi udisse? Non sto facendo nulla di male, io. Tu, piuttosto, non starai mica combinandone una delle tue?

 

Tamruŕ   Certamente no, Chioccia Coccodč …

 

La Chioccia Coccodč   E invece io credo che tu stia facendo qualcosa che la mamma dovrebbe sapere. Corro ad avvertirla.

 

Tamruŕ   No, te ne prego, Chioccia Coccodč. La mamma non deve sapere ciň che sto per fare. Non č nulla di male, perň. Anzi, lo faccio proprio per aiutarla.

 

La Chioccia Coccodč   La tua mamma ha giŕ troppe preoccupazioni perché ti ci metta anche tu a crearle problemi. Che cosa intenderesti fare?

 

Tamruŕ   Da quando il babbo č morto, un anno fa, la mamma porta da sola il peso del mantenimento mio e dei miei dieci fratelli. Non possediamo animali, ed il nostro campo č troppo arido per sfamarci tutti, anche se ci contentiamo di assai poco. Se non ci fossi tu, Chioccia Coccodč, con le tue uova, moriremmo di stenti. La mamma, che si priva di tutto per nutrire noi, č sempre piů stanca e magra. Spesso piange di nascosto. Č cosě infelice, che ho deciso di andarmene da Gassa Charč, in cerca di fortuna.

 

La Chioccia Coccodč   Oh, sacripante! Andartene! Ma che idea ti sei messa in testa, bambina mia? 

 

Tamruŕ   Ho sentito dire che lontano lontano, c’č un grande fiume largo quanto venti vallate come quella di Gassa Charč, e profondo quanto una montagna. Sull’altra sponda la siccitŕ č sconosciuta, perché c’č acqua in abbondanza. Sgorga spontaneamente da innumerevli sorgenti, pura come la neve delle piů alte vette …

 

La Chioccia Coccodč   Ma va’ … !

 

Tamruŕ   … il clima č dolce e temperato. Piove solo ogni tanto, per poche ore. Al mattino ed al tramonto spira sempre

una brezza soave che rinfresca l’aria e la rende salubre. Non occorre faticare per costruirsi un tetto sotto cui dormire.

Gli alberi sono cosě grandi che i loro rami scendono fino a terra, come a formare dei grandissimi tucůl

 

La Chioccia Coccodč   Ma va’ … !

 

Tamruŕ … la terra offre spontaneamente frutta e verdura. Chiunque puň mangiarne fin che vuole. Le mucche pascolano liberamente nei alpeggi e chiunque puň mungerle per bere il loro latte. Gli abitanti sono felici e sorridenti. Sono buoni ed ospitali. Amano molto i bambini, che giocano tutto il giorno su prati verdi e sconfinati …

 

La Chioccia Coccodč   Ma va’ … !

 

Tamruŕ … ci sono anche molte galline come te, che fanno uova in continuazione e chiunque puň mangiarle.

 

La Chioccia Coccodč   Non so chi ti abbia messo in testa queste idee, Tamruŕ. Ma sono idee pericolose. Un paese cosě non esiste. Oppure esiste solo nella fantasia malata di qualche forsennato mestatore. Andrŕ a finire che ti ritroverai in mezzo ai guai, per cercarlo. Il mondo, fuori di Gassa Chassč, puň essere molto brutto e cattivo, mia cara. Ora aspettami qui, mentre io vado a chiamare tua madre.

 

Tamruŕ   No, Chioccia Coccodč, non farlo, ti prego! …

 

La Chioccia Coccodč   Certo che lo faccio. Tu, non muoverti di lě, finché non torno!

 

Tamruŕ   (a parte) Devo impedirle di andare ad avvisare la mamma. (Urlando, alla Chioccia Coccodč) Scappa, scappa, Chioccia Coccodč!

 

La Chioccia Coccodč   Che cosa succede, santo Paradiso?!

 

Tamruŕ   Vedo arrivare una volpe ed una faina. Corri a rifugiarti nel tucůl, Chioccia, prima che ti prendano e ti mangino.

 

La Chioccia Coccodč   Ohi, povera me! (Esce chiocciando di scena)

 

Tamruŕ (Riprende il cammino) Addio, mia cara Chioccia Coccodč. Mi dispiace averti spaventata, ma non avevo altra scelta.

 

  

Scena seconda

Tamruŕ cammina, cammina e cammina nella boscaglia
 
Illuminata dalla luna piena

 

Tamruŕ   Sono stanca, č ormai un giorno intero che cammino senza mai fermarmi a riposare. Devo essere molto lontana da Gassa Charč. Il mio pensiero va alla mia mamma ed ai miei dieci fratelli. A quest’ora saranno tutti addormentati nel tucůl. Ho fame. Mangerň un po’ d’ingera e poi cercherň di dormire fra quei cespugli. Spero che, con le loro spine, tengano lontane le bestie feroci.

 

Tamruŕ mangia,

poi si stiracchia, sbadigliando.

 

Tamruŕ   Ahuum (Sbadiglia) … ! Non resisto piů dal sonno. Ora reciterň le preghiere della sera e cercherň di dormire.

 

Tamruŕ recita le preghiere, poi si stende fra

i cespugli spinosi.

S’addormenta.

Qualche tempo dopo la sveglia un’orrida risata.

Entra la Iena Puzzura.

 

La Iena Puzzura   Hu-hu, ha-ha! (Solleva in aria il muso, annusando) He-he, ha-ha, sento odore di Tamruŕ! Hi-hi, ha-ha, l’ho trovata, eccola qua!

 

Tamruŕ   (Si sveglia di soprassalto) La Iena Puzzura! Povera me, mi papperŕ in un boccone!

 

La Iena Puzzura   He-he-heee … ! Fidati di me, e non aver paura, piccola Tamruŕ. Non ti farň nulla di male. Voglio solo scambiare due parole.

 

Tamruŕ   Non ti credo, Iena Puzzura. Tu vuoi fare di me la tua cena! (A parte) Quanto puzza, questa bestiaccia orribile! Devo trovare il modo di salvarmi. Vedo un albero laggiů. Forse ce la faccio a raggiungerlo di corsa ed a rifugiarmi fra i suoi rami. Mi par di ricordare che le iene non sanno arrampicarsi sugli alberi.

 

La Iena Puzzura  Hi-hi-hiii … ! Non fuggire via cosě! Fai la brava, torna qui! (Esce momentaneamente di scena, con la sua andatura sgraziata).

 

Tamruŕ corre ai piedi d’un albero gigantesco,

l’Albero Azzurro,

e vi si arrampica

fuori della portata della Iena Puzzura

 

Tamruŕ   Grazie, amico albero, che mi accogli e dai protezione.! Rimarrň appollaiata fra i tuoi rami fino allo spuntare del giorno, quando la Iena Puzzura dovrŕ correre a nascondersi nella sua tana per paura dei cacciatori. Come ti chiami.

 

L’Albero Azzurro   Tutti mi chiamano l’Albero Azzurro, dal colore che assumo all’imbrunire. Sono il rifugio di tante creature innocenti come te. Se rimanessero nella boscaglia durante il buio, sarebbero uccise e divorate dai predatori notturni. In questo momento, fra i miei rami riposano uccellini d’ogni specie, scoiattoli, poveri topini campagnoli, coniglietti ed anche bambini e bambine sperduti o scappati di casa. Ora calmati e mettiti a dormire.

 

Tamruŕ  Buona notte, Albero Azzurro!

 

L’Albero Azzurro   Buona notte, mia piccola Tamruŕ! Sogni d’oro!

 

Rientra in scena la Iena Puzzura e passeggia

 avanti e indietro ai piedi dell’albero.

 

La Iena Puzzura   (Rifacendo il verso a Tamruŕ ed all’Albero Azzurro)   Buona notte Albero … ! Buona notte mia piccola Tamruŕ … ! Ih, quante moine, quante stupide svenevolezze! Mentre io, povera iena, devo saltare la cena! Mi si attorcono le budella dalla fame, perché č vuoto il mio tegame. Me ne vado, qui non credo che riuscirň a mettere nulla sotto i denti per colpa di questo stupido albero! Meglio cosě! In fondo non avevo poi cosě fame!

 

  

Scena terza

 Tamruŕ, poi Giovanni.

Scena: un canneto al margine della boscaglia.

 

Tamruŕ   (Trascinandosi stancamente) Ahimé!  Sono ormai  sette  giorni  che cammino da quando ho lasciato l’Albero

Azzurro e non ho ancor incontrato nessuno. Sono stanca, ho fame e sete. Da molti giorni non mangio né  bevo. Le forze

mi abbandonano. Sento che sto per morire. Mi stenderň all’ombra di quel canneto, dove aspetterň la fine.

 

Tamruŕ si stende a terra.

 

Povera mammina, non ti rivedrň mai piů! Sarai arrabbiata con me, ma sono sicuro che il dolore per la mia perdita č piů grande della tua rabbia. Ti mando un bacio, mammina cara, e ti pongo in cima alle mie preghiere, con tutti i miei amati fratelli.

 

Tamruŕ s’assopisce.

Poco dopo appare un giovane in vesti candide

ricamate d’oro.

L’apparizione s’avvicina sorridendo a Tamruŕ.

Tamruŕ si risveglia.

 

Tamruŕ   Chi sei?

 

Lo Spirito Buono   Io sono lo Spirito Buono. E tu, come ti chiami?

 

Tamruŕ   Mi chiamo Tamruŕ. Vengo da Gassa Charč e sono la piů piccola figlia di Mariam, la vedova.

 

Lo Spirito Buono   Che cosa fai cosě sola e lontana da casa?

 

Tamruŕ   La mamma  non ce la faceva piů a sfamare me ed i miei dieci fratellini. Cosě, per aiutarla, me ne sono andata in cerca di fortuna.

 

Lo Spirito Buono   E l’hai trovata?

 

Tamruŕ   Ancora no, Spirito Buono. Anzi, posso dire che finora non ne ho avuta molta, di fortuna. Per arrivare qui ho dovuto affrontare mille pericoli e superare altrettanti ostacoli. Una notte, la Iena Puzzura per poco non mi sbranava. Nella boscaglia ho incontrato leoni e serpenti. Ho dovuto attraversare fiumi infestati da coccodrilli. Ho scalato montagne popolate da lupi famelici. Ho sofferto il caldo ed il freddo. Ho patito la fame e la sete. Ora sono stesa qui, in attesa di morire, con il rimorso di non essere riuscita ad aiutare la mia povera mamma.

 

Lo Spirito Buono   (Prende Tamruŕ fra le braccia e la stringe al petto) Non aver paura, Tamruŕ! La tua ricerca non č ancora finita. Dovrai superare molte altre prove, anche molto dure. Ma, alla fine, se avrai fiducia in te stessa, la fortuna ti arriderŕ e tu potrai aiutare la tua mamma ed i tuoi fratelli. Addormentati, ora!

 

Tamruŕ s’addormenta.

Quando si sveglia, lo Spirito Buono se n’č andato.

Č giorno pieno e Tamruŕ scorge un grande lago

di lŕ da una cortina di canne.

 

Tamruŕ   Oltre il canneto scorgo un grandissimo lago, azzurro come il cielo. Č cosě vasto che non si riesce a vederne l’altra sponda. Nell’acqua profonda guizzano felici numerosi pesci argentei. Sulla superficie nuotano intere famigliole di anatre e di cigni. Nei canneti delle sue sponde nidificano aironi rosati. Questo posto sembra il Paradiso Terrestre!

 

Tamruŕ corre felice lungo la sponda del lago,

finché scopre con gioia un cesto pieno di pane e di frutta.

Accanto al cesto, un’anfora colma d’acqua fresca.

 

Del pane! Della frutta! Dell’acqua! Oh, la mia sorte sta finalmente cambiando! Questo cibo e quest’acqua sono certamente un dono dello Spirito Buono, che stanotte ha vegliato sul mio sonno. Ora finalmente mangerň fino a saziarmi, poi riprenderň il cammino. (Tamruŕ si rifocilla con il pane e la frutta del cesto). C’č una vela, laggiů, proprio in mezzo al lago. Sta tornando all’approdo. Quando avrň finito di mangiare, andrň a vedere se c’č qualcuno che possa aiutarmi ad attraversare il lago. Sono certa che la Terra della Felicitŕ, dove condurrň anche la mia mamma ed i miei fratellini, si trova proprio di lŕ dall’acqua.

 

 

Scena quarta

 Tamruŕ, poi il Mercante di Bambini

Scena: sulla sponda del lago, presso il pontile al quale

č attraccata la barca del Mercante di Bambini.

 

Tamruŕ   Finalmente sono arrivata. Č un giorno intero che cammino, senza incontrare anima viva. Ehi, della barca! C’č nessuno a bordo?

 

Dal boccaporto emerge il Mercante di Bambini.

 

Il Mercante di Bambini   Che cos’č questo strepito? Chi chiama?

 

Tamruŕ   (A parte)   Oh, quant’č grande e brutto, questo comandante di nave! Sembra l’Orco cattivo. Speriamo che il suo animo e la sua indole non siano tanto cattivi quant’č ripugnante come il suo aspetto! (Al Mercante di Bambini)   Buongiorno, signor capitano! Mi chiamo Tamruŕ, vengo dal villaggio di Gassa Charč e vorrei essere traghettata sull’altra sponda, nella Terra della Felicitŕ. Potete aiutarmi?

 

Il Mercante di Bambini   (Scoppia in un’orribile risata) Certo che posso aiutarti, se voglio! Ma non lo voglio. Io sono il cattivo Mercante di Bambini. Rapisco tutti i bambini che incontro e poi, quelli che non mangio, li vendo agli aguzzini delle miniere d’oro. Sei fortunata. Non ti mangerň e venderň anche te, perché ho appena desinato e sono sazio. In miniera sarai legata con una catena e dovrai scavare il minerale d’oro giorno e notte, in cunicoli bui e strettissimi (Ride sguaiatamente).

 

Tamruŕ   Povera me! No potrň piů tornare dalla mia mamma e dai miei fratelli!

 

Il Mercante di Bambini   Poco ma sicuro, carina! (Afferra Tamruŕ, che si dibatte, e la trascina a bordo )   Adesso ti rinchiuderň nella stiva, insieme coi grossi topacci che la infestano.

 

Tamruŕ   Ahi, ahi! Mi fate male! Lasciatemi andare! Mamma! Aiuto!

 

Il Mercante di Bambini   Ah ah! Puoi chiamare aiuto quanto vuoi. Nessuno ti udrŕ. Ed se anche qualcuno ti udisse, non avrebbe mai il coraggio di venire in tuo soccorso, sapendo chi sono. Ah ah, ah ah, ah ah!

 

Rinchiusa nella buia stiva, Tamruŕ piange a lungo.

Infine s’addormenta.

Lo Spirito Buono le appare in sogno

 

Lo Spirito Buono   Ho udito il tuo pianto, dolce Tamruŕ.

 

Tamruŕ   Aiutami, Spirito Buono!

 

Li Spirito Buono   Coraggio! Il pianto degli innocenti e dei bambini non rimane mai inascoltato. Abbi fiducia. Io veglio su di te dal Cielo. Sono sempre al tuo fianco, anche se tu non sempre mi puoi vedere.

 

Tamruŕ   Ti prego, Spirito Buono, liberami dalle grinfie del Mercante di bambini!

 

Lo Spirito Buono   Prima di essere liberata, ti toccherŕ superare qualche altra prova. Dovrai rimanere ancora molti giorni in questa buia stiva. Ti ciberai degli avanzi che ti porterŕ il Mercante di Bambini. Berrai l’acqua di sentina. Ma tu fatti forza, Tamruŕ. Supera tutto questo con animo sereno e fiducioso. Non disperarti, e prega con tutto il tuo cuore!

 

  

Scena quinta

 Il Mercante di Bambini, Tamruŕ.

Scena: stiva della barca del Mercante di Bambini,

 illuminata da fulmini e saette.

 

Il Mercante di Bambini   Ah ah, ah ah, ah ah! Ah ah, ah ah, ah ah! Tuoni, fulmini e saette! Sta per scoppiare una tempesta coi fiocchi, di quelle che piacciono a me. Sembra che il cielo sprofondi nell’inferno! Come te la passi, piccola, lŕ sotto, nel tuo alloggio di prima classe?

 

Si scatena la furia degli elementi.

Il tuono rimbomba, il mare mugghia, la pioggia scroscia violenta.

La barca rulla e beccheggia.

 

Tamruŕ   Aiuto! Affondiamo! Mamma! (Il rumore del fortunale sovrasta la sua voce).

 

 

 

Scena sesta

 Tamruŕ e Giovanni, un bambino dalla pelle bianca, poi lo Spirito Buono.

Scena: Tamruŕ č stesa incosciente sulla spiaggia,

mentre Giovanni la sta guardando.

 

Tamruŕ   (Tamruŕ si risveglia)   Chi sei? Come ti chiami?

 

Giovanni   Chi sei? Come ti chiami?

 

Tamruŕ    Non ti capisco.

 

Giovanni   Non ti capisco.

 

Da fuori scena parla lo  Spirito Buono

 

Lo Spirito Buono  Giovanni! Tamruŕ! Non vi potete capire perché parlate lingue diverse. Č la conseguenza delle continue discordie che regnano fra gli uomini. Ora vi toccherň la bocca e le orecchie, cosě potrete comprendere quello che vi dite (Tocca le loro bocche e le loro orecchie, poi scompare).

 

Tamruŕ   Mi chiamo Tamruŕ. Vengo da Gassa Charč. La tempesta ha affondato la barca su cui viaggiavo e mi ha buttata sulla spiaggia.

 

Giovanni   Io sono Giovanni. Mio padre č un tessitore di tappeti e, poiché č anche mago, sa costruire tappeti volanti. Avrai fame, immagino. Vieni a casa mia, dove potrai rifocillarti e riposare.

 

Tamruŕ   Tappeti volanti? Non ne ho mai sentito parlare! Che cosa sono?

 

Giovanni    Sono dei tappeti magici che possono trasportare in volo le persone. Sono molto veloci e divertenti. Dall’alto le cose hanno un aspetto molto diverso. Non immagini quanto.

 

Tamruŕ   Che bello! Mi piacerebbe tanto provare! Pensi che tuo padre mi permetterŕ di fare un volo su uno dei suoi prodigiosi tappeti?

 

Giovanni   Certamente. Anzi, ne sarŕ felice. Mio padre ama molto i bambini. Vieni, andiamo a casa, ora.

 

 

 

Scena settima

 Giovanni, Tamruŕ e, da fuori scena, il Corbaccio Antracite.

Scena: davanti alla casa di Giovanni č steso un grande tappeto volante.

Giovanni e Tamruŕ vi saltano sopra.

 

Giovanni   Siamo pronti a partire per un lungo volo sul mio tappeto volante?

 

Tamruŕ    Io sono pronta.

 

 

Giovanni   Tieniti forte. Ora recito la formula magica. Lata-pao su-su. Volare u-hu, volare u-hu! Nel blu dipinto di blu, nel blu mio bel tappeto alzati tu. Vai, tappeto volante! Vai!

 

Il tappeto si alza lentamente in verticale, poi prende il volo

fino a stabilizzarsi in quota.

 

 

  

Scena ottava

 Sul tappeto in volo, Tamruŕ e Giovanni

 

Tamruŕ   Che bello! Che sensazione meravigliosa, volare!  La terra, vista dall’alto sembra un paesaggio di fiaba. Guarda laggiů! Gli alberi, le case, le strade, i campi, i fiumi, i monti sono cosě piccoli! Sembra quasi che stiamo sorvolando un presepio. Gli animali e le persone sono cosě piccoli! Paiono tante formichine indaffarate.

 

Giovanni  Quando avremo superato quella catena di montagne, che segnano il confine della nostra terra, farň scendere di quota il tappeto, cosě potremo vedere da vicino gli abitanti di molti Paesi stranieri. Avremo agio d’osservarli mentre attendono alle loro frenetiche occupazioni quotidiane e di studiare i loro strani usi ed i loro ancor piů insensati costumi. Gli uomini sono pazzi, Tamruŕ. Credi a me.

 

Tamruŕ   Sorvoleremo anche la Terra della Felicitŕ, dove voglio portare la mia mamma ed i miei fratellini?

Abbiamo lasciato alle spalle la grande catena di montagne. Il paesaggio sta cambiando. Non vedo piů la boscaglia con i villaggi di tucůl. Sotto di noi scorrono profonde valli. Lunghi fiumi serpeggiano nella pianura. Vaste pianure coltivate si stendono a perdita d’occhio, attorno a cittŕ enormi. Vedo anche il mare, lŕ in fondo. Quant’č azzurro! Come luccica!

 

Giovanni   Adesso faccio scendere il tappeto a qualche metro sopra i tetti facendo attenzione a non urtare i cavi dell’elettricitŕ e le antenne della televisione …

 

Tamruŕ   Rallenta, se puoi, Giovanni, per favore.

 

Giovanni   Potrei  anche fermarti, sospeso per aria, come un elicottero.

 

Tamruŕ   Il contadino che sta lavorando in quel campo, non ha l’aria molto soddisfatta. Sembra faticare molto. Č stanco, sporco e sudato. Č assai male in arnese. Se ne sta ritto impalato, con e braccia aperte. Ha in testa un cappellaccio di paglia assai malconcio. Forse č un vagabondo di passaggio.

 

Giovanni   Macché vagabondo, stupidina! Č uno spa-ven-ta-pas-se-ri.  Sono di poche parole gli spaventapasseri, ma brave persone.

 

Tamruŕ   Ehi, guarda! Laggiů vedo degli enormi tucůl. Hanno camini altissimi, dai quali escono dense nuvole di fumo rossastro. Chissŕ che cosa stanno cucinando?

 

Giovanni   Non stanno cucinando nulla. Come al solito, si danno alacremente da fare per inquinare l’aria

che tutti noi respiriamo. (Tossisce) Quelle sono fabbriche di metil-piril-sulfur-bromur-bicar- acetilene.

 

Tamruŕ   La gente che vi lavora ha un’aria cosě triste!

 

Giovanni   Sfido! Vorrei vedere te, carina, lavorare tutto il santo giorno, come fanno quegli operai, ad una macchina che produce un fracasso infernale e fuma come un pagliaio incendiato, senza fermarsi mai!

 

Tamruŕ   E quelli? Sembrano annoiati a morte, seduti ai loro tavoli stracarichi di carte. La maggior parte sono pallidi ed emaciati.

 

Giovanni   Oh, quelli! Non farci caso. Sono solo degli impiegati. Passano metŕ della loro vita chiusi in  stanze grigie, come polli in batteria. Un quarto lo trascorrono sull’autobus che li porta da casa al lavoro e dal lavoro a casa. Il resto del loro tempo lo impiegano a guardare la televisione od a dormire.

 

Tamruŕ   Vedo anche dei bambini. Sono seduti a grappoli, nelle loro case, e guardano una scatola luminosa. Secondo te, Antracite, che cosa stanno facendo?

 

Giovanni   Stanno guardando la televisione, naturalmente.

 

Tamruŕ   E non giocano mai?

 

Giovanni   No, mai! Non sanno nemmeno come si fa. Peggio, non immaginano nemmeno che si possa giocare fra bambini, senza guardare la televisione.

 

Tamruŕ    Che tristezza, questo posto!  Quando arriveremo alla Terra della Felicitŕ?

 

Giovanni  Eh, mia piccola amica, ma non hai ancora capito che  la Terra della Felicitŕ non esiste.

 

Tamruŕ   Non esiste?

 

Giovanni    Non la Terra della Felicitŕ come te l’immagini tu. Una Terra Felice č solo quella in cui sei nata. Quella che č resa felice dalla presenza delle persone che ti sono care, soprattutto da quella della mamma.

 

Tamruŕ   Voglio tornare a casa! Oh, sě! Voglio tornare a casa!    Piange

Giovanni  Non piangere, adesso atterriamo e vado a cercare qualcuno che ti aiuti

 

 

Scena nona

 Lo Spirito Buono   Vieni Tamruŕ abbracciati a me, ritorniamo a casa. Addormentati.

 Tamruŕ si risveglia e non c’č piů lo spirito buono

 

La chioccia Coccodč           Finalmente ti sei svegliata, sono tre ore che dormi.

Tamruŕ.                      Fianalmente sono ritornata. Cara Coccodč. Che bello essere ancora a casa.

La chioccia Coccodč          Ma cosa stai dicendo? Hai preso un colpo di sole in testa? Dove vuoi essere stata. Hai dormito come un sasso e finalmente ti sei svegliata. Dai muoviti che tua madre ti cerca.

Tamruŕ              Cara Coccodč ho capito la lezione sai. La felicitŕ č qui, a casa mia ed č  portata di mano, purché abbiamo qualcuno da amare, purché abbiamo qualcuno da amare.

 

F I N E


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HANAFY, IL FARAONE E IL MISTERO DI ISIDE

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LE AVVENTURE DI TAMRUA'





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